Io credo che
il rischio maggiore che corriamo oggi è quello di una banalizzazione del
dibattito sulla costituzione. Siamo passsati in pochi anni da un clima sociale e
politico nel quale si poteva parlare della costituzione come tabu, a un clima
opposto, in cui qualcuno parla con leggerezza di costituzione da buttare.
C’è il grosso rischio del disorientamento.
Siamo immersi da alcuni anni in un dibattito politico per
il quale sembra, dalla lettura dei giornali, dai dibattiti televisivi, che le
riforme costituzionali siano il toccasana dei mali del paese. Basta cambiare i
meccanismi costituzionali che tutto si risolve. E’ chiaramente un’illusione.
Questo si dimostra guardando la storia. Questa illusione oggi però
rischia di distogliere l’attenzione dai problemi sostanziali. A questo si
aggiunga un dato di fondo della nostra società: una scarsa conoscenza delle
istituzioni e delle loro regole e anche uno scarso attaccamento. Una società
non può sopravvivere se le istituzioni che si è data non suscitano
anche un legame affettivo. Questa scarsa conoscenza influisce a rendere il
dibattito costituzionale molto estremizzato.
Io credo sia necessario collocarsi in una posizione
equilibrata, dicendo no da un lato a una posizione di mobiliismo superficiale
per cui bisogna cambiare tutto, e dall’altro rifiutando la posizione opposta
di rigido conservatorismo costituzionale. Invece la posizione più corretta è
riflessiva, non partendo ne da una
posizione ne dall’altra.
Per affrontare questo argomento dei cambiamenti
costituzionali credo che prima bisogna avere un’idea della costituzione. La
costituzione non è una legge come le altre. Non è neanche ne solo la legge
suprema, la legge che condiziona le altre leggi. La costituzione non è un
insieme di regole che deve rispondere a una serie di esigenze momentanee, che si
può cambiare magari a seconda degli equilibri politici. Al contrario la
costituzione è il quadro, essenzialmente stabile, dei principi e delle regole
comunemente accettati, nel cui ambito si sviluppa la complessa vita delle
istituzioni dello stato e si sviluppa anche la dialettica, il confronto
politico. Dunque la costituzione normalmente rappresenta ciò che resta, non ciò
che passa o che viene continuamente modificato.
La costituzione è, abbiamo detto, comunemente accettata.
Non è perciò la legge che il vincitore impone al vinto. Non può essere
questo. E’ piuttosto la casa comune, che riguarda tutti e appartiene a tutti.
La costituzione è un patto, non un contratto, in cui si stabilisce ciò che è
comune al di la delle differenze, che pure esistono. Un tempo era il patto tra
il re, il sovrano e il popolo. Oggi è un patto fra i vari gruppi sociali, su ciò
che mettono in comune, che riconoscono come comune.
Ciò significa che non tutto è riportabile alla
costituzione. Non si può costituzionalizzare tutto, perchè questo
significherebbe impedire il dibattito e il confronto tra diversità. Dalla
costituzione dunque non si traggono le soluzioni a tutti i problemi politici, al
contrario è normale che da essa si possano derivare diverse soluzioni, diversi
indirizzi, diversi orientamenti, tutti costituzionalmente legittimi. Ecco perchè
i giuristi parlano di elasticità della costituzione, in quanto essa contempla
diversi modi di attuazione. Questo è normale se pensiamo che essa deve durare
nel tempo e perciò deve avere un certo grado di elasticità che permetta
diverse interpretazioni, naturalmente entro i ben noti limiti.
La costituzione naturalmente è un prodotto storico, è il
prodotto dunque di determinate forze politiche. Dunque nella costituzione sono
trascritte le idee e gli intendimenti di queste forze. Guardate però che mentre
nel processo politico ordinario le forze prevalenti immettono nelle leggi le
loro scelte, nelle costituzioni, almeno se si tratta di costituzioni destinate a
durare nel tempo, immettono qualcosa in più dei loro interessi contingenti;
immettono la loro percezione dei
valori permanenti della società politica. Nessuna forza può quindi pensare la
costituzione come una sorta di proprietà privata, una sorta di religione. Chi
fa la costituzione la fa per tutti,
anche per le generazioni future.
La longevità di una costituzione è un pregio, dimostra
che coloro che l’hanno fatta sono riusciti a immettervi principi che davvero
andavano aldila dei loro interessi contingenti, e diventa quindi un patrimonio
che si trasmette di generazione in generazione.
Noi in Italia abbiamo la nostra costituzione da circa
cinquant’anni. Ora stiamo assistendo al venir meno della generazione dei
costituenti e all’affermazione di una generazione del tutto estranea al loro
modo di pensare. Questo è il momento delicato in cui una costituzione dovrebbe
dimostrare la sua vitalità, in cui dovrebbe dimostrare di essere patrimonio che
si trasmette, dove essa esercita quella funzione che io chiamo integratrice.
La costituzione che nasce da determinate forze politiche ha
l’intento di integrare nel proprio quadro tutte le forze operanti che
accettano questi valori comuni, fondanti, e anche le forze che via via nel tempo
si manifestano e che non c’erano prima. Proprio la loro integrazione esprime
la continuità della partecipazione al processo civile. Funzione integratrice
anche e soprattutto per quelle forze che quando è nata sono rimaste per
qualsiasi ragione fuori o ai margini del processo costituente. Il fatto che oggi
in Italia entrino nel dibattito politico forze che erano restate escluse dal
processo costituzionale perchè legate al passato, è di per se molto positivo.
Bisogna comunque stare attenti perchè chiaramente l’accettazione a parole non
equivale all’accettazione nei fatti, ma comunque anche la prima è un fatto
molto positivo.
Quindi la costituzione ha una funzione di garanzia di ciò
che resta nel tempo aldila di ciò che cambia. Questo vuol dire che a sua volta
la costituzione deve essere garantita, difesa. Esistono dunque meccanismi
istuzionali diretti proprio a impedire che avvengano fatti contrastanti con la
costituzione. Una costituzione comincia a essere forte se si difende.
Naturalmente tutti coloro che operano nella vita dello stato sono chiamati a
difendere la costituzione, però in modo particolare esistono delle istituzioni
che hanno come loro specifico compito difenderla. Ad esempio la corte
costituzionale, cioè un complesso di giudici che difendono la costituzione di
fronte alle violazioni.
Difendere la costituzione significa anche impedire che
venga troppo facilmente e superficialmente cambiata; qui vediamo il carattere di
rigidità della costituzione stessa. Questa rigidità
non è in contrasto con l’elasticità di cui parlavo prima, in quanto
essa allude al fatto che la costituzione contiene delle regole e principi
generali all’interno dei quali molte cose possono cambiare e variare nel
tempo. Rigidità significa invee che i principi generali restano e non devono e
non possono essere cambiati a
piacimento. Nessuna maggioranza del momento ha il diritto di modificarli.
Questa rigidità quindi non vuol dire impossibilità di
cambiamento e non vuol dire nemmeno immobilità assoluta nel tempo. Vuol dire
prima di tutto che ci sono dei limiti aldila dei quali non si può uscire.
Inoltre eventuali cambiamenti, eventuali modifiche, eventuali aggiornamenti
delle regole costituzionali non possono essere decisi liberamente da chi
momentaneamente esercita il potere politico, perchè è in maggioranza; possono
essere decise modifiche della costituzione passando attraverso meccanismi più
complessi, per i quali si parla di aggravamenti. Questi stabiliscono ad esempio
che per poter modificare la costituzione bisogna passare attraverso due voti
della camera e due voti del senato, tra i quali deve passare un certo intervallo
di tempo, e per i quali è richiesta un maggioranza particolarmente elevata.
Questo perchè si tratta di modificare le regole comuni.
Con queste promesse, le domande perchè cambiare la
costituzione, e come cambiarla, possono avere una risposta ragionevole,
tranquilla. Non abbiamo più una contrapposizione drastica tra conservatori e
riformisti. Se riconosciamo che la costituzione è l’insieme delle regole
comuni si può tranquillamente parlare di modifiche della stessa.
Perchè cambiare e cosa cambiare della costituzione.
Innanzi tutto non bisogna cambiare solo perchè è passato del tempo. Questa è
un’idea sbagliata. E nemmeno bisogna cambiare perchè sono cambiati gli
indirizzi politici, le idee della gente. Il cambiamento degli indirizzi politici
non comporta affatto che si cambi il quadro comune. E’ dunque
un’interpretazione massimalistica del cosidetto principio maggioritario, per
cui la maggioranza governa, quella che dice che chi la possiede ha il diritto di
cambiarsi la costituzione a propria immagine e somiglianza. Il principio
maggioritario dice che, dopo aver discusso e proposto, la decisione che la
maggioranza dei cittadini approva diventa la soluzione di governo. Non vuol dire
affatto che chi ha la maggioranza prende tutto, quindi anche la costituzione.
Essendo la costituzione patrimonio comune, non ne è padrona la maggioranza come
non ne è padrona la minoranza.
Soltanto quando tutti assieme si stabilisce che le regole costituzionali
non vanno più bene si può porre il problema di modifica.
Possiamo chiederci se la costituzione vada cambiata perchè
abbiamo cambiato la legge elettorale, introducendo il maggioritario, che
stabilisce una rappresentività delle assemblee elettive non più direttamente
proporzionale al peso delle varie forze (il cosidetto principio proporzionale),
ma nel quale si tende a dare prevalenza all’espressione di una maggioranza che
possa attuare i suoi programmi, le sue idee, in una parola governare. Di per se
non è affatto vero che il cambiamento del sistema elettorale
richieda il cambiamento della costituzione. Essa infatti non dice quale
sistema elettorale bisogna adottare. La costituzione escluderebbe probabilmente
un sistema elettorale che escludesse totalmente la presenza delle minoranze in
parlamento. Tolto questo estremo per il resto si può scegliere.
Non è vero, come dice qualcuno, che la nostra costituzione sia
indilossubilmente legata al sistema elettorale proporzionale.
Non è neanche vero che la costituzione debba essere
cambiata perchè contempla troppi poteri che sfuggono alla maggioranza, perchè
la maggioranza non può impadronirsi della corte costituzionale, perchè non può
condizionare i giudici, perchè non può condizionare il capo dello stato. Al
contrario la costituzione contempla necessariamente dei poteri che sfuggono alla
maggioranza. Il principio maggioritario vuol dire che la maggioranza governa,
non che controlla tutti i poteri dello stato. La funzione della costituzione è
anche di tutelarsi contro i possibili abusi della maggioranza. E’ necessario
dunque che nello stato ci siano sia poteri controllati dalla maggioranza sia
poteri che le sfuggono.
Un certo nesso potrebbe comunque esserci tra modifica del
sistema elettorale e modifica della costituzione. Proprio perchè il sistema
elettorale maggioritario rafforza il governo,
ci può essere l’esigenza di rafforzare le garanzie contro i possibili
abusi contro la rappresentività parlamentare. La costituzione contiene tutta
una serie di garanzie contro la maggioranza. Per esempio alcune decisioni devono
essere prese con maggioranze più alte, per esempio le revisioni costituzionali
o l’elezione del capo dello stato. Si chiamano maggioranze qualificate. Questo
tipo di garanzie ragionevolmente potrebbero oggi richiedere un rafforzamento. In
un parlamento eletto col sistema proporzionale dire maggioranza assoluta voleva
dire la convergenza di molte forze. In un parlamento eletto con il sistema
attuale bisognerebbe alzare questa soglia, in quanto con la maggioranza reale
del 40% si può avere anche più del 60% dei seggi in parlamento.
Si potrebbe anche
ragionare sul rafforzamento ulteriore dell’indipendenza degli organi di
garanzia. Tutto il contrario di chi vorrebbe asservire al potere politico i
giudici e i pubblici ministeri. Abbiamo
ancora di problema di trovare soluzioni per campi nei quali bisogna
sottrarre alla maggioranza il controllo politico: pensate al problema
dell’informazione pubblica televisiva, che non può essere immagine della
maggioranza. La televisione pubblica deve essere la televisione di tutti, anche
se siamo tutti d’accordo nel non ritornare al sistema precedente dove, siccome
non ci si metteva d’accordo, si decideva di lottizzare. Bisogna trovare dei
meccanismi di indipendenza dell’organo televisivo pubblico. Si pensi poi agli
organi che controllano la borsa, a quelli che controllano la
concorrenza; sono tutte autorità che devono essere tolte dal potere
politico.In questo momento in cui, anche giustamente, si dice che la maggioranza
deve governare senza venire a patti ogni volta con l’opposizione, bisogna
rafforzare questi meccanismi di garanzia.
Ci possono essere altri settori dove si può pensare a una
modifica costituzionale in funzione di una migliore funzionalità. Ad esempio
nel campo dei rapporti tra governo e parlamento, ci sono dei meccanismi
oggi che visibilmente zoppicano. Oggi assistiamo
al fatto che il governo fa uso del sistema dei decreti legge, che la
costituzione prevedono come
misura eccezionale, a getto continuo, mentre il parlamento li stravolge,
li modifica, li emenda, e passati i
sessanta giorni non li ratifica. Allora il governo fa altri decreti. Si crea confusione. Qui è necessaria una
registrazione di questi meccanismi. Una possibile via d’uscita è che il
governo faccis un decreto e, passati i sessanta giorni, il parlamento possa dire
si o no ma non possa cambiarlo.
Nel campo della spesa e del bilancio noi sappiamo che il
parlamento ha un grosso potere. Non è più possibile, con i problemi economici
che abbiamo, lasciare le cose come stanno. Bisogna pensare a dei meccanismi di
distribuzione della spesa più centralmente governati, lasciare alla maggioranza
questo potere, toglierlo dall’assalto dei singoli parlamentari, dei singoli
gruppi.
Ci sono dunque dei settori in cui giustamente si può
pensare a degli aggiustamenti
costituzionali per raggiungere una migliore funzionalità.
Abbiamo poi il problema delle autonomie. Qui abbiamo molto
da regionare in quanto esiste il
problema di rendere più efficace un campo di intevento che la costituzione
prevede già, ma
che per una ragione o per l’altra, è male applicato.
Come cambiare la costituzione. Anche qui se accettiamo le
premesse dobbiamo rispettare alcune regole.
Innanzi tutto è giusto parlare di revisione della
costituzione ma non di azzerramento della costituzione. I principi fondanti
devono rimanere quelli, in quanto da almeno due secoli reggono gli stati come il
nostro e sarebbe assurdo metterli in discussione. Non è l’anno zero della
democrazia, non è l’anno zero della repubblica, non è l’anno zero della
costituzione. Non siamo in una fase rivoluzionaria. Dunque facciamo si delle
revisioni, ma con i meccanismi che la costituzione stessa prevede. Revisioni
singole, mirate: che individuino problemi
concreti e ne facciano oggetto di una legge di revisione costituzionale.
Dunque non bisogna fare un pacchetto di revisioni per cui si finisce con la
logica dell’io do a te questo se tu dai a me quest’altro. No. Bisogna
individuare dei problemi concreti sui quali ci si può mettere d’accordo,
seguendo il procedimento legalmente previsto.
Questo procedimento oggi è spesso messo in discussione.
Possiamo modificare questo procedimento di revisione? Forse si. Dicevo prima che
modificare questo procedimento rafforzando le maggioranze di garanzia sarabbe
opportuno. Non il contrario, diminuire queste soglie.
Ecco perchè per me è sbagliato indicare come metodo per
risolvere i problemi costituzionali l’elezione di un’assemblea costituente.
Per i fautori di questa proposta, dovremmo eleggere accanto al parlamento
un’altra assemblea alla quale si darebbe il potere di rifare la costituzione.
Questo contrasterebbe con il principio della rigidità
Noi daremmo dunque a un’assemblea
il compito e il potere, con una votazione sola,
di modificare magari l’intera costituzione.
L’elezione di un’assemblea costituente vorrebbe dire
avviare un processo che non da più limiti per al cambiamento. Infatti, per i
nostri ordinamenti l’assemblea costituente si elegge quando non
c’è più uno stato, non c’è più una costituzione e bisogna perciò
farne una completamente nuova. Nel
1946 fu questa la scelta. Lo stato monarchico non c’era più. Allora eravamo
all’anno zero.
Oggi c’è una legalità costituzionale e i principi
della costituzione del 1948 sono ancora oggi principi e valori validi. I
principi supremi della costituzione secondo quanto stabilito dalla corte
costituzionale non sarebbero nemmeno modificabili con la legge di revisione
costituzionale, questo perchè vanno aldilà delle stesse regole specifiche
della costituzione.
In ultimo eleggere un’assemblea comporterebbe un rischio
di conflitto con il parlamento. Avremmo contemporaneamente due assemblee elette.
E’ comunque
vero che nell’idea di assemblea costituente c’è un aspetto corretto. Questo
perchè essa sarebbe eletta con il sistema proporzionale, in modo che tutte le
forze possano concorrere alla revisione con il reale peso che hanno. Se questa
è un’idea giusta, la soluzione potrebbe essere elevare i sistemi di garanzia
per le revisioni, dove tutte le forze possano partecipare. Si possono dunque
organizzare delle comissioni dove
discutere e verificare se c’è il consenso, che è sempre fondamentale.
Quando c’è il consenso, se si individuano delle
modifiche su cui c’è un consenso largo, possibilmente unanime tra le forze,
allora è possibile elaborare delle modifiche con tutte le procedure previste,
in modo che queste non siano solo meditate, ma rispondano alla reale volontà
della società civile.